LAB Profile e vendita

Wednesday, January 7, 2009
“Fidelizziamo?”

Ề vero, sembra una domanda da pubblicità televisiva eppure mi fu posta, diversi anni fa, da un simpatico e “perspicace” cliente di un bel paesino sulle rive del Brenta; naturalmente la cosa mi colpì moltissimo, dato che allora il concetto di fidelizzazione era ancora poco sviluppato, quantomeno come obiettivo della trattativa commerciale; la battuta fu così fulminea, nella sua semplicità, da farmi riflettere sul senso di tale richiesta. Sicuramente “fidelizzare” è un verbo dal contenuto che impegna; la sua radice, infatti, è fides, ovvero “fiducia”. Conquistare la fiducia del cliente è da sempre il primo obiettivo di un venditore, soprattutto se l’oggetto della vendita è un prodotto intangibile come quello finanziario, in cui si vede il denaro che va, ma non sempre ritorna. Evidentemente fidelizzare significa realizzare una relazione con radici così profonde da non temere gli effetti delle bufere (di mercato!) più aggressive. Qual è il momento in cui si realizza questo “affidamento”? Proprio durante la fase centrale della negoziazione, quando si sviluppa il contesto adatto ad aprirsi maggiormente, a conoscersi e capirsi. Il segreto di dedicare il giusto tempo alla conoscenza reciproca è noto a molti venditori di successo, che hanno saputo costruire un rapporto basato sulla relazione invece che esclusivamente sul prodotto. Fino a qualche tempo fa si distribuivano pochi prodotti finanziari e assicurativi sofisticati che erano “appannaggio” di poche aziende specializzate; oggi, com’è noto, l’offerta di prodotti è cresciuta a dismisura ed il cliente non è in grado di muoversi autonomamente in questo “mare magnum.” Laddove il prodotto era in grado di determinare il successo di una vendita, ora non conta più: tutti hanno tutto e più o meno alle stesse condizioni ! Non ha più importanza cosa venga proposto (in linea di principio, ovviamente) bensì come. Se il cliente riceve tre promotori finanziari che gli propongo lo stesso fondo, su chi si orienterà e perché? La risposta, ancora una volta, risiede nell’abilità del venditore di fidelizzare il rapporto in modo tale da far capire che, a parità di prodotto, ciò che più conta è avere un interlocutore in grado di mettersi nei panni del cliente, di farlo sentire esclusivo, di fargli percepire di aver capito cosa sia importante per lui e quali siano i passi da intraprendere per soddisfare, nel tempo, tali aspettative. Analizziamo brevemente alcuni strumenti in grado di aiutarci ad affrontare al meglio la relazione con il nostro interlocutore (ipotizziamo un contatto a freddo) all’interno delle canoniche fasi di una trattativa di vendita. Naturalmente lo schema è estremamente essenziale e limitato, ma in grado di evidenziare alcune caratteristiche d’efficacia del nuovo approccio LAB Profile.

FASE 1: IL CONTATTO

In questa fase ci troviamo ad affrontare il cliente per la prima volta e come obiettivo ci imponiamo di non trattare alcun argomento di vendita, fino a quando il nostro interlocutore non sarà passato dallo status di « ascoltatore » allo status di « potenziale cliente », il quale avverrà dopo un pò di tempo.

Obiettivo: creare feeling ovvero empatia e generare le condizioni per essere ascoltati.

Gli strumenti disponibili saranno:

1. ascolto attivo ed osservazione attenta del linguaggio-comportamento (profilo) del mio interlocutore.

2. ricerca di key points ovvero i punti di contatto, in comune, per guidare l’interlocutore da «ascoltatore» a «potenziale cliente».

Osserveremo particolarmente la postura - di chiusura o di apertura (v. box) - unitamente all’ascolto dello stile di comunicazione. Lo stile di comunicazione si esprime attraverso l’uso di del para-verbale ovvero il volume, la velocità, il ritmo e la cadenza della voce.

LAB PROFILE:

L’interlocutore è tipicamente (dato statistico) “lontano da”, ovvero è naturalmente sospettoso nei confronti di ciò che non conosce e, soprattutto, di chi non conosce: vuole evitare di essere fregato.
E’ altresì “propriocentrato”, ovvero ritiene di non dover accettare suggerimenti da nessuno perché, inconsciamente, non ritiene che chi c’è di fronte abbia i requisiti “di diritto” per essere ascoltato.
Infine l’interlocutore è “coerente”, ovvero se si convince della validità dell’interlocutore in un certo momento della chiacchierata, deve verificare continuamente di non essersi sbagliato.

LINGUAGGIO D’INFLUENZA:

In questa fase sarebbe bene esordire con poche parole di presentazione per incominciare a soddisfare il profilo “lontano da”. Certamente non e’ bene attaccare in un modo tipo “sono qui per risolverle qualsiasi problema …” (problema?! Avrai tu un problema!, puo’ pensare il cliente), oppure “si fidi di me … “ (fidarsi, ora ?! E perché mai?!? Chi sei tu, per cui mi dovrei fidare?) bensì saranno inconsciamente irresistibili frasi del tipo “…per evitare di …” oppure “… per tenersi alla larga da …”, “per non avere …”.
Un linguaggio propriocentrato adatto richiede un vocabolario del tipo “lei sa meglio di me che…” oppure “cosa ne pensa?” o ancora “potrebbe considerare il fatto che…”.

Infine, un linguaggio persuasivo per il profilo coerente è del tipo “ogni volta che …” oppure “giornalmente …” ecc.

FASE 2: IL COLLOQUIO

Questa è la fase centrale della trattativa, momento in cui l’interlocutore ha probabilmente accettato di diventare potenziale cliente e, di conseguenza, ha accondisceso ad aprirsi al consulente.

Obiettivo: raccolta approfondita delle informazioni sul cliente

Gli strumenti disponibili saranno gli stessi della fase precedente, ai quali si aggiunge :

3. lo schema delle domande: aperte, chiuse e meta-domande

4. lo schema dei valori, criteri e credenze

Com’è noto, le domande aperte hanno l’obiettivo di sviluppare il dialogo: “cosa ne pensa ?” oppure “mi parli di …”, mentre le domande chiuse generano una risposta affermativa – sì – o negativa – no -.
Le meta-domande, invece, hanno la caratteristica di legarsi con l’affermazione dell’interlocutore e ne precisano il senso, evitando così il rischio di fraintendimento.
Per esempio: “Ogni volta che compro azioni queste scendono!” = affermazione; “Mi spieghi meglio: che relazione c’è tra la dinamica di acquisto delle azioni e la recessione del mercato?” In tal modo, conduco il cliente a mettere in dubbio il nesso causale tra la causa (la dinamica di acquisto) e l’effetto negativo (il crollo dei corsi) senza contestare la validità dei singoli elementi.
I Valori corrispondono a ciò che è massimamente importante per noi; i Criteri rappresentano invece le regole di attuazione di tali valori. Le credenze, invece, rappresentano ciò che per noi è vero (o falso) e ad esse, come i superstiziosi sanno, ci riferiamo quotidianamente. Esse condizionano le nostre scelte … così come quelle del nostro potenziale cliente.
Conoscere i valori e i criteri del nostro potenziale cliente significa entrare intimamente nel suo mondo (mappa del mondo) ed imparare a vedere quest’ultimo con i suoi occhi, ascoltarlo con le sue orecchie ed apprezzarlo con i suoi sensi.

LAB PROFILE:

In questa fase l’indagine dei profili LAB è vincente e delicata, in quanto il potenziale cliente è coinvolto nel colloquio, ha superato le obiezioni emotive principali – ovvero si sta instaurando un processo fiduciario, di fidelizzazione – ed ha intenzione di raccontarsi per meglio far comprendere al consulente quali siano i propri obiettivi e le proprie aspettative. Dopo essere usciti dalla fase di contatto ed aver, quindi, cambiato contesto, il potenziale cliente ha maggior confidenza e manifesta, con il linguaggio ed il comportamento, nuovi elementi (LAB Pro) più marcatamente, offrendo così all’attento osservatore/ascoltatore molte informazioni chiave utili a consolidare il rapporto. Non potendo standardizzare i profili che emergono in questa fase, non è ovviamente possibile evidenziare in uno schema il congruente linguaggio di influenza, che dovrà in effetti essere strutturato di volta in volta, a seconda dei casi specifici.

FASE 3: LA CHIUSURA

Questa fase, definita conclusiva, è la naturale conseguenza del lavoro fatto nelle fasi precedenti.

Obiettivo: concludere l’affare e pianificare il seguito. Consolidare i presupposti relazionali emersi durante le altre fasi.

Gli strumenti disponibili saranno gli stessi della fase precedente, ai quali si aggiunge:

5. lettura dei segnali di acquisto verbali (parole) e non verbali (gesti).

I segnali verbali d’acquisto più comuni sono quelli che nascono da una scelta, positiva, inconsciamente già presa: per es. “se io divenissi suo cliente, in quanto tempo …” oppure “posso co-intestare il contratto?” o ancora “una volta che le ho firmato l’assegno, che giro fanno i miei soldi ?” ecc.
Quelli non-verbali si manifestano per esempio attraverso il gesto di prendere l’assegno (più evidente di così!), di avvicinare a sé oggetti o di annuire con il capo, etc..

LAB PROFILE:

Naturalmente, esiste una gran varietà di profili emergenti anche in questa fase. Tuttavia, statisticamente si riscontra l’emergere frequente del profilo “lontano da”, per la semplice ragione che spesso il cliente non vuole perdere quanto investito. Il riconoscere questo ed altri profili, e l’uso del relativo linguaggio irresistibile, consentiranno al consulente esperto di realizzare una chiusura motivante nel pieno rispetto della mappa del mondo del suo interlocutore. Questi diverrà allora “cliente fidelizzato” perché avrà nutrito una consapevolezza e una tranquillità nel rapporto profonde, pari a quelle che possono riguardare un amico…Come se cliente e promotore si fossero sempre conosciuti !

BOX: LAB PROFILE

Le tecniche linguistico-comportamentali (LAB Profile ovvero Language and Behaviour Profile) sono un insieme di strumenti derivati da un particolare studio nato in seno alla PNL, poi adattati da Rodger Bailey e Ross Stewart al business – e ulteriormente resi pratici, dal punto di vista dell’uso del «linguaggio di influenza», da Shelle Rose Charvet. Bailey ha elaborato i LAB Profile all'inizio degli anni '80. Questi si basano su una serie di profili che, in PNL, prendono il nome di Metaprogrammi. Essi rappresentano i “filtri cognitivi” che ognuno di noi applica alla realtà, nel momento in cui la percepisce e la vive. A seconda del tipo di filtri che abbiamo e di come li utilizziamo, la nostra percezione del mondo - e di noi stessi - può cambiare. Riferendoci ad una analogia informatica, possiamo dire che i metaprogrammi rappresentano il sistema operativo di un computer, laddove quest’ultimo è il nostro cervello. I LAB Profile descrivono quindi ciò da cui in gran parte dipende il nostro rapporto con il mondo. Rappresentano le nostre caratteristiche personali. Inquadrano cio’ che sono le nostre attitudini, le propensioni, i meccanismi psicologici su cui facciamo leva quando vogliamo realizzare risultati per noi significativi.

I metaprogrammi determinano i meccanismi mentali che più contano nel momento in cui vogliamo agire sulla realtà stessa che viviamo, “orientandola” secondo i nostri obiettivi: i LAB Profile consentono di capire ciò che le persone stanno inconsciamente comunicando circa la loro realtà soggettiva, mentre parlano e agiscono.

Tutti noi, seppur inconsapevolmente, siamo in larga misura attenti a come le persone comunichino, oltre che ai contenuti della loro comunicazione. Il linguaggio utilizzato, i singoli vocaboli scelti per conversare o per rispondere alle domande di un interlocutore possono rivelare molti aspetti della "mappa mentale" di chi parla: tale scelta, infatti, non e' mai casuale, anche se avviene a livello inconscio. Attraverso l'utilizzo di particolari domande "tecniche" e la valutazione di alcune caratteristiche delle risposte ottenute, è possibile individuarli con chiarezza; si può altresì comprendere che cosa stimoli e mantenga alta la motivazione degli individui interessati e come questi ultimi processino internamente le informazioni. Ciò risulta prezioso al fine di strutturare uno stile comunicativo che si adatti pienamente alla struttura psichica dell'interlocutore, rendendo così davvero efficace e persuasiva la comunicazione stessa, rispetto agli scopi che si desidera perseguire. Sono state individuate due categorie all’interno dei LAB:

Caratteristiche Motivazionali.

Essa comprende le categorie che riguardano ciò di cui una persona abbia bisogno per essere motivata in un determinato contesto, o che possa - al contrario - demotivarla. I tratti motivazionali corrispondono dunque a leve motivazionali che, se correttamente individuate, rivelano ciò che stimola ad agire una persona in una certa direzione, o che - all'opposto - ne può limitare l'azione.

Caratteristiche Operazionali o di lavoro.

Le categorie in essa comprese descrivono i processi mentali che una persona utilizza per affrontare in concreto situazioni di tipo relazionale, operativo, lavorativo. Se si evince, dal linguaggio e dal comportamento di un individuo, il modo in cui la sua mente opera riguardo ad ogni categoria, è possibile stabilire l'ambiente o le circostanze in cui egli sia maggiormente produttivo, come risponda allo stress, quali siano i meccanismi che lo portano a convincersi di qualcosa. Tutto ciò emerge grazie all'indagine svolta sul modo in cui una persona parla, oltre che sui contenuti delle risposte date a domande mirate.

Fabrizio Pirovano

0 comments:

Post a Comment